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Biblioteca Lucchesiana – Agrigento

Una delle meraviglie nascoste nel centro storico, di Agrigento, è sicuramente la Biblioteca Lucchesiana. Essa nasce come biblioteca personale di un vescovo di Agrigento vissuto nel ‘700, Andrea Lucchesi Palli. Oggi, al suo interno, si trovano oltre 45.000 volumi, che trattano di teologia, filosofia, storia e di materie umanistiche raccolti su pregiati scaffali di legno intagliati a mano. Nel suo testamento Andrea Lucchesi Palli lasciò la biblioteca agli agrigentini che non capirono subito l’importanza della donazione, lasciando che i libri e l’intera struttura si perdessero nel tempo. Ad aggravare la situazione contribuì la tragica frana del 1966 che colpì il cuore del centro storico. Oggi per fortuna l’intera costruzione è stata ristrutturata e il patrimonio librario è stato rivalutato e valorizzato.

La descrizione di Pirandello

Pirandello, giovane universitario, scrive al suo professore di Filologia dell’Università di Roma, che lo aveva incaricato di recarsi presso la Biblioteca Lucchesiana di Girgenti, per cercare dei manoscritti arabi.

“… Molti di fatti ne trovai, e alcuni, stimo io, di qualche valore – scrive Pirandello – circa cento, sono ridotti a tale da non poterne in alcuni casi più far conto e copia”. Ed aggiunge: ““…vidi nella penombra fresca che teneva l’ampio salone rettangolare, presso un tavolo polveroso, cinque preti della vicina Cattedrale e tre carabinieri dell’attigua caserma in maniche di camicia, tutti intenti a divorare un’insalata di cocomeri e pomodori.

Restai ammirato. I commensali stupiti levarono gli occhi dal piatto e me li confìssero addosso. Evidentemente io ero per loro una bestia rara e insieme molesta. Mi apprestai rispettosamente (perché no?) e domandai del bibliotecario”. – “Sono io”,- mi rispose uno degli otto, con voce afflitta dal boccone non bene inghiottito; “Io vengo a chiederLe il permesso di vedere se in questa… (non dissi taverna ma biblioteca) sono dei manoscritti”. “Là giù, là giù, in quello scaffale in fondo”, mi interruppe la stessa voce impolpata di un nuovo boccone, e gli otto bibliotecari si rimisero a mangiare”. Pirandello nel romanzo “I vecchi e i giovani” riferisce della biblioteca, vicina al palazzo vescovile, … “quei quattordici volumi d’arabo manoscritti che dovrebbero pesare come tanti macigni, nel mondo al di là, sull’anima del conte Lucchesi Palli che volle farne dono morendo alla nostra biblioteca…”.

Ne “Il fu Mattia Pascal” torna ad essere descritta la Biblioteca, polverosa e luogo ideale per topi e ragni.

“Intanto, sul tavolone lì in mezzo c’era uno strato di polvere alto per lo meno un dito: tanto che io – per riparare in certo qual modo alla nera ingratitudine de’ miei concittadini – potei tracciarvi a grosse lettere questa iscrizione:

A Monsignor Boccamazza

munificentissimo donatore

in perenne attestato di gratitudine

i concittadini

questa lapide posero.

Precipitavano poi, a quando a quando, dagli scaffali due o tre libri, seguiti da certi topi grossi quanto un coniglio”.