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Palma di Montechiaro – Monastero delle Benedettine e Castello

Nel romanzo “Il Gattopardo” i Salina si recavano, per villeggiatura, nel feudo Donnafugata, luogo di pura invenzione, in cui si possono rintracciare elementi di luoghi molto cari allo scrittore; lo stesso scrittore scriveva: “Donnafugata come paese è Palma, come palazzo è Santa Margherita“.

Palma di Montechiaro, oltre la Chiesa Madre, c’è il Monastero delle Benedettine, luogo di sepoltura di Isabella Tomasi di Lampedusa, nota per essere stata descritta come la Beata Corbera ne “Il Gattopardo”.

Dalle monache è possibile gustare i biscotti ricci di mandorle, fatti secondo la ricetta antica, che erano apprezzati dal Principe nella vita e nel romanzo:

“Abitudini secolari esigevano che il giorno seguente al proprio arrivo, la famiglia Salina andasse al Monastero di Santo Spirito a pregare sulla tomba della Beata Corbera, antenata del Principe  che aveva fondato il convento, lo aveva dotato, santamente vi era vissuta e santamente vi era morta. Di quel luogo tutto gli piaceva, cominciando dall’umiltà del parlatorio rozzo con la sua volta a botte centrata dal Gattopardo, con le duplici grate per le conversazioni, con la piccola ruota in legno per far entrare ed uscire messaggi; con la porta ben squadrata che il Re e lui, soli maschi al mondo, potevano lecitamente varcare.

Gli piaceva l’aspetto delle suore con la loro larga bavetta di candidissimo lino a piegoline minute, spiccante sulla ruvida tonaca nera; si edificava nel sentir la  badessa raccontare, anche per la ventesima volta, gli ingenui miracoli della Beata, nel vedere com’essa gli additasse l’angolo del giardino malinconico, dove la Santa monaca aveva sospeso nell’aria un grosso sasso che il Demonio, innervosito dalle di lei austerità le aveva scagliato addosso; si stupiva sempre vedendo incorniciate sulla parete di una cella le due lettere famose indecifrabili; Gli piacevano i mandorlati che le monache confezionavano su ricette centenarie, gli piaceva ascoltare l’Uffizio nel coro, ed era financo contento di versare a quella comunità una parte non trascurabile del proprio reddito, così come voleva l’atto di fondazione”

Sempre a Palma di Montechiaro è il Castello di Donnafugata, ovverossia il Castello Chiaramontano. Unico fra i castelli appartenuti alla famiglia Chiaramonte (un’antica famiglia di origine francese, arrivata al seguito dei Normanni tra l’XI e il XII secolo e molto potente nel XIV secolo) in Sicilia a essere stato edificato su un costone di roccia a picco sul mare, risale al 1353 e fu voluto da Federico III Chiaramonte. Dopo un passaggio di proprietà alla famiglia Moncada, nel XVII secolo arriva alla famiglia Tomasi, e infine ai marchesi Bilotti Ruggi d’Aragona.

All’interno della cappella c’è una statua della Madonna attribuibile al Gagini, un famoso scultore ticinese che operò specialmente in Sicilia e proveniva da una famiglia di maestri della scultura, statuaria e architettura. Si accede al castello tramite una ripida salita; la terrazza ha ancora una serie di merli in muratura di tipo guelfo.